Regione: il grande “bluff” dell'erogazione ai “poveri”
I famosi 350 euro esentasse rimasti una chimera per i più fragili tra i poveri.
Una storia che se esistesse un giornalismo minimamente degno di questo nome, idem dicasi per gli organi di controllo amministrativi e penali, avrebbe meritato un'inchiesta da prima pagina.
La premessa: finalmente anche la Regione FVG si accorge che nel territorio regionale “vivono”, si fa per dire, migliaia e migliaia di nuclei familiari in povertà quasi assoluta, e vara un decreto che concede per tre anni, a partire dal 2024, un aiuto economico di 350 euro netti.
Sempre la Regione calcola, immaginiamo con i dati Istat alla mano, che la platea dei beneficiari della misura saranno all'incirca 30.000 e dunque stanzia i fondi per coprire l'intervento.
Poi il primo grossolano errore: decide di affidare all'INPS (meglio noto come InVs, ovvero istituto di Vessazione sociale) non solo il pagamento della somma ai diretti interessati ma anche l'individuazione delle persone che in Regione corrispondono ai requisiti fissati nel Decreto regionale. Per non dare adito ad arbitrarietà allega al Decreto uno specchietto a tale fine (lo trovate allegato in foto).
Ora l'Inps come al solito anche in queste terre fa l'InVs, ovvero riduce la platea dei beneficiati dagli oltre 30mila a poco più di 12mila, in violazione delle stesse norme indicate nel Decreto della Regione e ben indicate nello specchietto allegato.
Partiamo ora da una triste considerazione: i “poveri” raramente leggono i giornali e dunque sono privi di qualunque informazione, quasi mai hanno la forza, la volontà di rivolgersi agli enti pubblici per chiedere aiuto e figurarsi ad un legale per assisterli in una causa che ha dei costi per loro insostenibili.
E questo all'InVs lo sanno bene e su ciò contano in questo come in tanti altri casi: clamoroso l'esempio della riduzione dalle magrissime cifre erogate ai pensionati “sociali” oppure ai pochi che ricevono l'Assegno di Inclusione” con la sottrazione dagli importi pagati anche dei 40 insignificanti euro mensili che lo Stato, come misura assistenziale si badi bene, e dunque esente per plurime leggi dal computo dei redditi, carica su un bancomat apposito nominato Carta Famiglia. E non sono soldi contanti ma semplicemente l'importo mensile con cui pagare una spesa o medicine e solo negli esercizi convenzionati che la accettano. Orbene l'InVs arriva a sottrarre anche questa cifra come tutti gli altri aiuti economici (pagamenti di bollette energetiche o affitti per morosità incolpevoli) versati dai servizi pubblici assistenziali tramite bonifici diretti agli enti creditori, dagli importi da fame erogati sotto forma di pensioni minime (561 euro mensili) pensioni sociali (535 euro mensili) o titolari di ADI che sono meno della metà del soppresso Reddito di Cittadinanza e percepiscono in media qualche centinaio di euro. La, anzi le leggi dello Stato non glielo permetterebbero compresa quella istitutiva dell'ISEE ma loro lo fanno da anni impuniti. Disapplicando pure una sentenza della Corte Costituzionale che cinque anni or sono fissava in 780 euro netti mensili l'importo minimo che lo Stato è tenuto ad erogare per garantire i minimi vitali, oggi in Tribunale aggiornati e saliti a 1075 euro mensili.
Politica, magistratura ed istituzioni hanno mai avuto nulla da obbiettare? Certo che no!
Il quarto abbondante di Italiani, che da tempo oramai hanno smesso pure di andare a votare, per loro e per questa “informazione” non contano nulla. D'altronde è l'attualizzazione di uno degli stilemi del passato regime fascista.
Ma la Regione, prontamente informata dello svuotamento del suo Decreto con reclami degli esclusi e pure con una Interrogazione in aula dell'unica consigliera pentastellata, Capozzi, che fa?
Interviene d'autorità sui vertici regionali Inps e magari fa un esposto alla magistratura per ripristinare la legalità e rivendicare il rispetto del Decreto regionale? Basterebbero solo i numeri complessivi, ovvero il taglio di quasi due terzi dei potenziali beneficiari, così come stimati dalla stessa Regione per finanziare il Decreto, attuato dall'InVs a far sorgere da subito fondati sospetti.
Ed invece il “Servizio regionale di coordinamento politiche per la famiglia” diretto da tale Maria Pia Turinetti, alle dipendenze dell'assessore Alessia Rosolen risponde ad un reclamo in siffatta maniera “L’assegno sociale sostitutivo non rientra tra le prestazioni assistenziali e previdenziali che danno titolo alla corresponsione del bonus.”
Avete capito bene? L'esatto contrario di quanto contenuto nel Decreto e fissato dall'apposita tabella allegata.
Occorre altro?
Maurizio Fogar