Residence cantine dei Puffi


Francamente dopo le nostre prime due assemblee, pensavamo che peggio di così non poteva andare e che altre problematiche oltre a quelle già ampliamente descritte negli articoli precedenti non potessero emergere. Ma come recita un vecchio detto: “al peggio non c’è mai fine”. I problemi relativi alle cantine di ogni numero civico (porte d’ingresso rotte, serrature non sostituite e masseria varia sparsa qua e là), sono da sempre stati una spina nel fianco per gli inquilini. Veniamo a conoscenza di ulteriori situazioni incredibili da inserire nella già lunghissima lista delle preoccupazioni dei residenti. Nello specifico parliamo della porta principale (che dà accesso a tutte le cantine di metà palazzo) del civico n. 38 forzata e senza serratura, oltre ad un numero imprecisato di cantine aperte e senza lucchetto trasformate in dormitori di fortuna da ignoti.  Per sentito dire (non abbiamo per ora certezza documentale) sembra che sia l’ATER che i Carabinieri siano stati messi a conoscenza della situazione da parte di alcuni residenti. Gli inquilini temono che questo fenomeno possa trovarsi in una fase di crescita esponenziale, anche perché è stato riscontrato un ulteriore tentativo di scasso della porta d’ingresso alle cantine anche in un altro numero civico. La paura di tutti è quella di ritrovarsi con le cantine occupate da barboni, vagabondi, migranti etc. oltre al timore di non poter, in caso di necessità, accedere in sicurezza alle proprie cantine.

La gestione dell’immigrazione da parte di questa Amministrazione è pari alla logica con cui i Servizi sociali hanno risolto il problema delle morosità incolpevoli: invitando i richiedenti a rivolgersi alle Fondazioni Private (ne abbiamo già parlato in un precedente articolo). Con analoga superficialità, in questo periodo, vengono sgombrati i luoghi dove i migranti sono soliti dormire, senza porsi la domanda di come questa minoranza cercherà di risolvere il loro problema. Per una forma di comprensibile egoismo i residenti dei Puffi si augurano di non dover prendere il posto che i Servizi Sociali hanno riservato alle Fondazioni Private.

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